Tesi optometria 21 Febbraio 2020


Venerdì 21 Febbraio 2020 si è tenuta all’IRSOO una nuova sessione di tesi di Optometria: i 6 candidati provenivano da corsi di Optometria annuali e biennali attivati dall’IRSOO presso la sede di Vinci.

    Di seguito l’elenco dei diplomati:

  • Buscema Marco del corso di optometria annuale a.s. 2017/2018;
  • Beneduce Lucia del corso di optometria biennale aa.ss. 2017-2018/2019;
  • Fabbiani Marco del corso di optometria biennale aa.ss. 2016-2017/2018;
  • Bianca Emanuele e Malloci Virginia del corso di optometria annuale a.s. 2011/2012;
  • Gori Cecilia del corso di optometria biennale aa.ss. 2008-2009/2010.

Alla commissione di tesi, presieduta dall’Ing. Gianni Boccaccini, hanno partecipato i docenti Laura Boccardo, Giuseppe Migliori, Paolo Sostegni e Marica Vampo. Al momento della comunicazione dell’esito ai candidati, i presidenti delle commissioni hanno consegnato ai diplomati il distintivo dell’IRSOO come segno di benvenuto nella comunità degli optometristi italiani.

Di seguito i brevi sommari delle tesi discusse:

  • BENEDUCE LUCIA
  • Titolo della tesi: “Fattori che influiscono sulla distanza di lettura dello smartphone negli adolescenti”.
    Relatore: Boccardo Laura.

    Scopo della tesi è stato quello di individuare gli elementi che influenzano la distanza di lettura dello smartphone in un gruppo di adolescenti, maschi e femmine, con diverse ametropie e in diverse posizioni di lettura. I soggetti sono stati selezionati fra gli studenti dell’Istituto Secondario Superiore “Mazzini da Vinci” di Savona. La misura delle distanze di utilizzo dello smartphone sono state eseguite su ogni soggetto due volte, in piedi e da seduti; è stata inoltre rilevata la distanza di Harmon, data dalla lunghezza del braccio dal pugno chiuso al gomito. I dati sono stati inseriti in una tabella Excel, escludendo soggetti affetti da patologie e da correzioni particolari, e sono stati successivamente divisi in gruppi tenendo conto del sesso e dell’ametropia. È stata calcolata la distanza relativa di lettura, come rapporto fra distanza di lettura e distanza di Harmon. Per ogni distanza è stata calcolata la richiesta accomodativa teorica (1/d) e sono state considerate clinicamente rilevanti differenze superiori a 0,25 D.
    Il campione dello studio è formato da 51 soggetti di età compresa tra 15 e 20 anni. I partecipanti, 33 ragazze e 18 ragazzi, presentavano le seguenti ametropie: 24 miopi, 19 emmetropi e 8 ipermetropi. La distanza media di lettura di tutti i soggetti è risultata mediamente paria a 36 ± 6 cm. La distanza media è per i maschi 40 ± 7 cm (corrispondente a una richiesta accomodativa media di 2,50 D) e per le femmine 32 ± 7 cm (3,13 D). La differenza è statisticamente significativa (p=0,220). La distanza relativa di lettura, calcolata facendo il rapporto fra distanza di lettura e distanza di Harmon, è risultata pari a 1,0 ± 0,2: la differenza fra maschi (1,07) e femmine (0,95) non è statisticamente significativa; ciò significa che i soggetti tengono mediamente lo smartphone a una distanza pari a quella di Harmon e i maschi stanno lo tengono più lontano perché hanno le braccia più lunghe. Mediamente i soggetti tengono lo smartphone un po’ più vicino quando stanno seduti rispetto a quando sono in piedi, ma si osserva anche una grande variabilità interindividuale e intraindividuale. I miopi hanno una distanza di 34 ± 8 cm (2,94 D), gli emmetropi di 36 ± 7 cm (2,78 D) e gli ipermetropi di 35 ± 6 cm (2,86 D). Le differenze fra gruppi con diverse ametropie non sono statisticamente significative. Tenendo conto che la lettura su supporto elettronico sta sempre più sostituendo la lettura su supporto cartaceo, i risultati di questo studio suggeriscono la necessità di utilizzare una distanza che sia inferiore rispetto a 40 cm, per l’analisi visiva da vicino nei giovani.

  • FABBIANI MARCO
  • Titolo della tesi: “Distanza di utilizzo dello smartphone nelle normali attività social”.
    Relatore: Sostegni Paolo.

    Scopo: Lo studio ha come obiettivo principale quello di misurare le distanze di utilizzo dello smartphone, nell’esecuzione di diversi compiti, raffrontandole con la Distanza di Harmon (DH) e la distanza del riflesso visuo-posturale (ReViP) da parte di un gruppo di persone (bambini, adolescenti e adulti) selezionate in maniera casuale.
    Metodo: Sono state valutate 90 persone di ambedue i sessi e di età compresa tra gli 0 e i 60 anni; successivamente raggruppate in 3 fasce d’età: la prima 0 – 20 anni, la seconda 21 - 40 anni e la terza 41 – 60 anni. Successivamente sono state misurate la loro DH, la ReViP e le distanze alle quali sono stati portati a termine i vari compiti richiesti. Nella registrazione si è tenuto conto se venivano utilizzate una o due mani per svolgere l’attività.
    Risultati: La prima fascia considerata, tra 0 e 20 anni ha una DH media di 39,4 cm, una ReViP media di 37,5 cm e una distanza media di utilizzo di 30,5 cm; la seconda fascia d’età (21 – 40 anni) presenta una DH media di 41,3 cm, una ReViP media di 40,4 cm e una distanza media di utilizzo di 33,2 cm ; infine la terza fascia che va dai 41 ai 60 anni possiede una DH media di 39,9 cm, una ReViP media di 39,5 cm e una distanza media di utilizzo di 35,6 cm.
    Conclusioni: Nella maggior parte della popolazione valutata i compiti richiesti sono stati portati a termine a distanze inferiori sia alla DH che alla ReViP.

  • GORI CECILIA
  • Titolo della tesi: “Evoluzione delle lenti progressive e analisi di alcuni studi sulla loro ottimizzazione in ambiente di ufficio”.
    Relatore Migliori Giuseppe; correlatore Iaia Massimiliano.

    Il tema dello studio è il confronto tra confort visivo con lenti progressive ad uso generale e lenti progressive ad uso specifico, in un campione di soggetti presbiti nella situazione particolare del lavoro d'ufficio. Nella prima parte del lavoro viene fatta una breve introduzione sulle aberrazioni ottiche per poi prendere in esame l'evoluzione del design della lente progressiva partendo dalla nascita delle prime geometrie come superamento delle lenti bifocali. Vengono descritti i principali design e tecniche di ottimizzazione delle lenti. Nella seconda parte viene affrontato il tema del confort nel contesto del lavoro di ufficio in portatori presbiti: vengono messi a confronto due diversi studi, svolti quasi contemporaneamente, nei quali si evidenzia come, ai fini di un benessere globale sul posto di lavoro sia necessario tenere conto di fattori quali la postura e la tipologia di lente.
    Il primo esperimento è di tipo soggettivo: dopo la misurazione dei parametri ergonomici; rilevati in base ad una foto scattata alla postazione abituale, e dei parametri optometrici, i partecipanti hanno testato una lente progressiva ad uso generale ed una ad uso specifico da ufficio a settimane alterne per quattro volte. I partecipanti non erano al corrente delle caratteristiche tecniche delle lenti. I risultati sono stati monitorati attraverso test somministrati alla fine di ogni settimana. Alla fine del periodo di prova dall’analisi dei dati è emerso che per la maggior parte dei partecipanti era preferibile la progressiva da ufficio; buona parte di loro, dopo le prove alternate, ha però optato per la lente progressiva ad uso generale dopo averne valutato le prestazioni generali. Per il secondo esperimento è stato costruito appositamente un optometro per rilevare i parametri ergonomici di ogni partecipante seduto alla sua abituale postazione di lavoro. In questo secondo esperimento si sono confrontate le zone di visione nitida alla distanza del monitor per portatori presbiti di tre tipi di lenti: monofocali, lenti progressive e lenti progressive da ufficio. Le conclusioni tratte da questo secondo lavoro prevedono che la soluzione visiva migliore sul posto di lavoro sarebbe la lente da ufficio ma in funzione dei parametri oggettivi rilevati, in alcune condizioni, potrebbe essere proposta anche una lente progressiva per uso generale. Dall'analisi dei due lavori si può concludere che per quanto riguarda l'ambito lavorativo la soluzione visiva migliore può essere da un punto di vista tecnico sicuramente una lente progressiva ad uso specifico, dal punto di vista del portatore presbite invece le possibilità possono essere variabili, in relazione alle proprie esigenze personali.

  • BUSCEMA MARCO
  • Titolo della tesi: “Confronto fra la distanza interpupillare e la centratura degli occhiali abituali”.
    Relatore Boccardo Laura; correlatore Vampo Marica.

    Lo scopo del lavoro è quello di confrontare la distanza interpupillare e la distanza dei centri ottici degli occhiali abituali, valutando anche l’eventuale correlazione tra gli effetti prismatici indotti dal decentramento e l’adattamento dei soggetti agli occhiali in uso per lontano. Sono stati presi in esame 50 soggetti, portatori di occhiali, e ad ognuno è stata misurata la distanza interpupillare. Tale misura è stata confrontata con la distanza dei centri ottici, misurata con un righello dopo aver centrato le lenti al frontifocometro e averne trascritto la correzione. A ogni soggetto è stato chiesto di quantificare tramite una scala che va da 1 a 10 la difficoltà avuta nell’adattamento all’occhiale durante il primo periodo di porto.
    Dopo aver inserito i dati su un foglio Excel è stato calcolato il potere sul meridiano orizzontale e l’effetto prismatico con la formula di Prentice. I valori del potere sul meridiano orizzontale vanno da -8,77 D a +5,00 D con mediana di -1,15 D (range interquartile da -2,63 a -0,05 D). Per la distanza interpupillare si ha una mediana di 62,00 mm con un minimo di 56,50 mm e un massimo di 69,00 mm (range interquartile da 60 mm a 64 mm); per la DCO la mediana è di 62,00 mm con un minimo di 57,00 mm e un massimo di 68,00 mm (range interquartile da 60 a 64 mm). Il decentramento è stato calcolato come differenza tra la distanza dei centri ottici degli occhiali e la distanza interpupillare (decentramento tempiale positivo, decentramento nasale negativo). I valori di decentramento trovati vanno da un minimo di -3,50 mm a un massimo di 5 mm con una mediana di 0,00 mm (range interquartile da -1,00 a 1,25 mm). Per quanto riguarda l’effetto prismatico la mediana è di 0,00 ∆ con un minimo di -1,43 ∆ (BN) ed un massimo di 1,53 ∆ (BT) (range interquartile da -0,16 a 0,22 ∆).
    Il 78% degli occhiali analizzati rispetta le tolleranze del British Standards Institution e la maggior parte dei soggetti si è adattata senza alcun problema agli effetti prismatici indotti dai decentramenti, infatti quasi tutti i soggetti hanno valutato la difficoltà all’adattamento con un punteggio minore o uguale a 2. Non emerge alcuna correlazione fra effetto prismatico indotto dal decentramento e difficoltà di adattamento (R = 0,11). Malgrado non tutti gli occhiali rispettino le tolleranze del British Standards Institution, gli effetti prismatici indotti sono in generale lievi e non correlati alle difficoltà di adattamento iniziale alla correzione oftalmica.

  • BIANCA EMANUELE, MALLOCI VIRGINIA
  • Titolo della tesi: “Radiazione UV e interazione con l’occhio umano”.
    Relatore: Boccaccini Gianni.

    Nel lavoro di tesi i due candidati hanno analizzato lo spettro elettromagnetico nelle sue componenti fondamentali, andando a focalizzarsi su come l’occhio interagisca con la radiazione UV e su quali siano i fattori che possano influenzare questo tipo di interazione (latitudine, altitudine, stagione dell’anno, condizioni meteorologiche ecc.).
    Questa radiazione è in grado di modificare le strutture anteriori dell’occhio danneggiandole, quindi la tesi prende in esame le principali patologie del tessuto oculare, soffermandosi in particolare su quelle della congiuntiva e della cornea.
    A questo riguardo vengono anche riportati in dettaglio, nell’ultimo capitolo, gli idonei dispositivi di protezione dell’occhio (filtri solari), unitamente alla elencazione delle più elementari norme comportamentali e di prevenzione, assieme ad un estratto della vigente Normativa europea ed italiana sui filtri protettivi.
    È poi opinione comune considerare che la radiazione visibile determini esclusivamente il processo della visione; oggi invece, tra gli esperti che si occupano di “Scienza della Visione”, si è ampiamente propensi a ritenere che la luce riesca a mediare e controllare un gran numero di processi biochimici nel corpo umano, agendo come regolatore del nostro orologio biologico, e quindi sia anche capace, se pur in misura ridotta, di agire sui ritmi circadiani modificando umore, vigilanza e stress.
    Proprio per questa ragione, nell’elaborato si riportano alcuni studi condotti in ambienti di lavoro, dai quali emerge come anche un’illuminazione salubre riesca ad influenzare le performance visive e di conseguenza, quelle produttive dei lavoratori.