Tesi optometria 27 Settembre 2019


Venerdì 27 Settembre 2019 si è tenuta all’IRSOO una nuova sessione di tesi di Optometria: i 7 candidati provenivano da corsi di Optometria annuali e biennali attivati dall’IRSOO presso le sedi di Vinci e Roma.

    Di seguito l’elenco dei diplomati:

  • Coccarelli Pietro del corso di optometria annuale a.s. 2018/2019;
  • Scacciaferro Luisa del corso di optometria annuale a.s. 2017/2018;
  • Curinga Rita, Menichetti Simone, Ranieri Eva e Vincenti Asia del corso di optometria biennale con sede a Roma aa.ss. 2016-2017/2018;
  • Moretti Arturo del corso di optometria biennale aa.ss. 2010-2011/2012.

Alla commissione di tesi, presieduta dal Dott. Alessandro Fossetti, hanno partecipato i docenti Luciano Parenti, Jacopo Siroki, Maria Tricarico e Marica Vampo.
Al momento della comunicazione dell’esito ai candidati, il presidente della commissione ha consegnato ai diplomati il distintivo dell’IRSOO come segno di benvenuto nella comunità degli optometristi italiani.

Di seguito i brevi sommari delle tesi discusse:

  • COCCARELLI PIETRO
  • Titolo della tesi: “La manipolazione delle lenti a contatto e le problematiche correlate”.
    Relatore: Franceschi Edoardo.

    La tesi nasce con lo scopo di porre l’attenzione sulle problematiche e rischi del porto delle lenti a contatto (LaC).
    Le problematiche più comuni, legate alla scarsa attenzione alle norme di applicazione delle lenti a contatto, sono infezioni e/o infiammazioni corneali. Le possibili cause di trasmissione di microrganismi patogeni sono la manipolazione prima di applicare la lente a contatto, la contaminazione dei contenitori e delle soluzioni utilizzate per la manutenzione e conservazione delle lenti. È possibile eliminare alcuni fattori di rischio, quali l’utilizzo dei contenitori e delle soluzioni, scegliendo un dispositivo “usa e getta” che non prevede una manutenzione e conservazione. La lente a contatto giornaliera monouso ha sicuramente ampliato il margine di sicurezza dei portatori, ma non ne ha azzerato i rischi. La figura dell’applicatore riveste un ruolo fondamentale per educare il portatore a seguire le giuste procedure igieniche di applicazione e rimozione delle lenti a contatto mettendolo a conoscenza dei rischi a cui può andare incontro non rispettando tali norme igieniche.

  • CURINGA RITA
  • Titolo della tesi: “Alterazione del film lacrimale negli utilizzatori di dispositivi digitali”.
    Relatore: Tricarico Maria.

    Scopo: Lo scopo dello studio è stato quello di evidenziare se esistano o meno, con riscontro scientificamente provato, effetti oculari negativi derivanti dall’utilizzo dei dispositivi digitali portatili, in particolare sul film lacrimale.
    Metodi: è stata eseguita una revisione della letteratura scientifica più recente relativa agli effetti dei dispositivi digitali portatili focalizzando l’attenzione sull’alterazione del film lacrimale, superficie oculare e ammiccamento.
    Risultati: I pochi studi effettuati fino ad oggi non hanno ancora portato alla conoscenza di quelli che saranno gli effetti a lungo termine dei dispositivi digitali (smartphone) sulla superficie oculare.
    Conclusioni: Sono necessari ulteriori studi nel settore per poter sviluppare delle linee guida cliniche utili ad indirizzare quegli interventi idonei a ridurre al minimo il disconfort oculare degli utilizzatori di dispositivi digitali portatili.

  • MENICHETTI SIMONE
  • Titolo della tesi: “Pseudomiopia: un fenomeno a cui prestare attenzione”.
    Relatore: Parenti Luciano.

    In questo studio abbiamo preso in considerazione il problema della Pseudomiopia cercando di verificare se i consigli, o in alcuni casi il rispetto delle leggi (caso dei videoterminalisti), siano sufficienti per “risolvere” il problema e per farci un’idea di quante lievi miopie che riscontriamo nella nostra attività nei giovani possano essere in realtà pseudomiopie.
    Sono stati presi in esame 15 soggetti aventi le seguenti caratteristiche: età massima 30 anni, presenza di miopie lievi al massimo di -1 D con assenza di astigmatismo, manifestazione di fastidi (mal di testa, “pesantezza” oculare, difficoltà del passaggio dalla visione prossimale a quella per lontano etc etc…), attività prossimale, per studio o per professione, giornalmente molto prolungata, disponibilità a seguire i consigli e le prescrizioni almeno per 45 giorni.
    L’indicazione data a queste persone è stata semplicemente quella di fare una pausa di 15 minuti ogni due ore di visione prossimale, a prescindere che questo avvenga durante l’orario lavorativo o nella vita privata.
    I risultati sono andati oltre le aspettative con un miglioramento o scomparsa della miopia rilevata precedentemente in moltissimi casi specialmente dove l’impegno (fatto auto-valutare dagli stessi con un punteggio da 0-5) è stato mantenuto al 100%. Ciò porta a pensare che nei casi simili a quelli esaminati sia più etico verificare, prima di prescrivere l’occhiale, che non si tratti di pseudomiopia.

  • MORETTI ARTURO
  • Titolo della tesi: “La mia esperienza in Angola: esami refrattivi nelle comunità rurali di Waku Kungo”.
    Relatore: Parenti Luciano.

    Scopo: valutare lo stato visivo in una popolazione rurale in condizioni economiche e sanitarie precarie.
    Il lavoro è stato svolto in due distretti del municipio di Waku Kungo (provincia di Cuanza Sul, Angola), dove sono state selezionate 3 comunità rurali, il cui sostentamento deriva principalmente dall’agricoltura di sussistenza e dall’artigianato. Per lo svolgimento delle visite è stato messo a disposizione un piccolo locale utilizzato dalla popolazione per l’estrazione e confezionamento del miele.
    Metodo: E’ stata svolta l’anamnesi di ogni paziente, valutando stile di vita e abitudini, prima di effettuare la misurazione del visus mediante tavole ottotipiche cartacee di tipo alfabetico e con figure. Sono stati riportati nel ricettario i valori refrattivi rilevati, i decimi raggiunti con la correzione e le varie anomalie e patologie riscontrate.
    Risultati: sono stati visitati 117 soggetti, con i seguenti risultati: il 32,4% sono risultati emmetropi (≤±0,50D); il 67,6% possiede un errore refrattivo. Le ametropie riscontrate sono in percentuale: 41% miopia ≥0,75D, 15 % ipermetropia ≥0,75D, 27 % astigmatismo ≥ ±0,50D. Del restante 17% non è stato possibile trarre una conclusione sullo stato refrattivo a causa di una perdita quasi completa della visione: AV < 1/10 non migliorabile con gli occhiali.
    Conclusioni - Le ametropie riscontrate sono in media di bassa entità, il 89% è < 2.00D, con una presenza molto marcata di presunte cataratte, ed alcuni soggetti, anche abbastanza giovani, ipovedenti. L’assenza di occhiali da sole, l’alimentazione squilibrata, la povertà, le condizioni di scarsa igiene, l’acqua non sterile, l’assenza di strutture sanitarie, la mancanza di conoscenza di base sull’igiene e sui metodi di disinfezione sono le principali cause della presenza di tante patologie.

  • RANIERI EVA
  • Titolo della tesi: “I benefici della vitamina D nella prevenzione e sviluppo della miopia”.
    Relatore: Tricarico Maria.

    Tra tutti i difetti refrattivi, la miopia continua a suscitare grande interesse a livello mondiale, probabilmente per la sua prevalenza nelle ultime generazioni, fenomeno oramai a carattere epidemico. La diffusione di questa ametropia registra percentuali piuttosto alte nei Paesi dell’Est Asiatico rispetto i Paesi Occidentali.
    Diversi studi epidemiologici hanno analizzato la correlazione tra la progressione della miopia, per lo più in soggetti giovani, in correlazione all’azione protettiva che la vitamina D eserciterebbe contro lo sviluppo della miopia stessa.
    La vitamina D, “ormone” dalle mille virtù, è prodotta solo in parte per meccanismo esogeno, ovvero mediante dieta; il 90% della vitamina in circolo nell’organismo è frutto di un meccanismo endogeno: l’esposizione solare scatena la sintesi sottocutanea della vitamina stessa. Negli studi esaminati la misura delle concentrazioni sieriche di 25(OH)D è affiancata da questionari che indagano le abitudini, lo stile di vita, l’alimentazione, l’esposizione solare e il tempo trascorso all’aperto, per sport o per lavoro.
    Tutti gli studi confrontati, eccetto uno, riscontrano una positiva correlazione tra le concentrazioni sieriche di 25(OH)D e la miopia, suggerendo la funzione “scudo” della vitamina D contro lo sviluppo e la progressione di entità elevate di miopia. Ulteriori studi sono necessari per appurare i benefici della vitamina D nei confronti della miopia, considerando parallelamente aspetti genetici e fattori ambientali.

  • SCACCIAFERRO LUISA
  • Titolo della tesi: “Misura della profondità sagittale mediante OCT e topografia corneale: un confronto possibile?”.
    Relatore: Fossetti Alessandro .

    Scopo: La valutazione della profondità sagittale oculare può essere molto utile nell’applicazione e nell’adattamento delle lenti a contatto, soprattutto in quei casi di cornee dal profilo particolare. Scopo del lavoro è dunque in prima istanza una comparazione tra i rilevamenti di un topografo con Scheimpflug Camera e un OCT, relativamente alla misura della profondità sagittale della cornea. In seconda istanza valutare se fosse possibile, eventualmente servendosi di un fattore di conversione, risalire ai valori di profondità sagittale sclerocorneale data una corda di 15 mm.
    Metodi: La misurazione della profondità sagittale oculare, data una certa corda, è stata effettuata mediante l’utilizzo di due strumenti: topografo Sirius e OCT (Optical Coherence Tomography – tomografia a coerenza ottica). Con l’OCT la profondità sagittale è stata misurata, mentre con il topografo Sirius, a partire dalla mappa altimetrica anteriore, è stato possibile ricavare tutti i dati utili per il calcolo delle sagitte del fitting di superfici sferiche e asferiche.
    Risultati: Il confronto tra i dati dei due strumenti mostra un errore sistematico che porta alla necessità di utilizzare un coefficiente per passare dalla misura calcolata mediante il topografo a quella data dall’OCT, sicuramente più prossima al reale. È abbastanza evidente che la profondità sagittale varia al variare del fitting R asferico. Inoltre, a differenza di quello che ci saremmo aspettati, si evidenzia la presenza di una relazione lineare scarsa tra z e HVID e tra la sagitta del fitting asferico e HVID.
    Conclusioni: Le misure di profondità sagittale trovate con OCT e con topografo non sono comparabili. È però possibile risalire alla misura della profondità sagittale a livello corneale utilizzando un coefficiente da aggiungere al valore della misura della profondità del miglior fitting di una superficie asferica. Questo dato può essere di aiuto al contattologo in caso di applicazione su cornee dal profilo particolare.

  • VINCENTI ASIA
  • Titolo della tesi: "Rapporto tra l’idratazione corporea e l’osmolarità lacrimale”.
    Relatore Siroki Jacopo; correlatore Fossetti Alessandro.

    Nello studio è stato valutato se esiste o meno una relazione tra l’idratazione corporea e l’osmolarità lacrimale. Per la valutazione sono stati selezionati 40 pazienti presso il centro ottico “Prismottica” di Nola (NA). Come prima cosa i soggetti sono stati invitati a compilare tre questionari per l’indagine della sintomatologia soggettiva dell’occhio secco: OSDI, Mc Monnies e questionario IRSOO. Nel primo giorno sono state eseguite le misure dell’osmolarità lacrimale e la misura dell’idratazione corporea. Per ampliare la valutazione e valutare altre eventuali correlazioni, durante la seconda giornata sono stati effettuati, per ogni singolo paziente, anche altri test per la valutazione del film lacrimale, quali: il break-up time test (BUT) e la valutazione dell’altezza del menisco lacrimale inferiore (MLMI). Analizzando i risultati non è emersa nessuna relazione statisticamente significativa tra osmolarità lacrimale e idratazione corporea. Eseguendo un’ulteriore analisi statistica sugli altri test eseguiti, non sono emerse relazioni statisticamente rilevanti. La valutazione della sintomatologia soggettiva indagata attraverso la compilazione dei questionari non è risultata correlabile alle valutazioni oggettive.
    In conclusione si potrebbe affermare che l’osmolarità lacrimale e l’idratazione corporea non sono correlate. Dunque non è possibile affermare che l’idratazione corporea influenza l’osmolarità lacrimale né si può utilizzare il valore di idratazione corporea come strumento di supporto per la diagnosi dell’occhio secco.