23/11/2017 - Ho fatto un sogno


Alessandro Fossetti riporta il racconto di un sogno fattogli da un amico ottico


Ho fatto un sogno. Ero su un palco enorme di fronte al quale una grande moltitudine di persone era riunita, apparentemente in un salone immenso, ma del quale non si vedeva il fondo; anche le pareti erano lontane, o sfumate, non si poteva dire se ci fossero o no; si sa, le immagini dei sogni sono un po’ vaghe. Tutte quelle persone davanti al palco sembravano ansiose, aspettavano di sentir parlare qualcuno, erano ottici. E io sapevo (nei sogni si hanno spesso certezze, anche se non suffragate da ciò che si vede o si conosce) che erano ottici di tutti i tipi, come ce ne sono in Italia: c’erano quelli che fanno solo una pura attività commerciale, quelli che si dedicano quasi esclusivamente all’attività professionale, quelli che hanno il laboratorio di montaggio, quelli che fanno un po’ di refrazione ma senza esagerare, quelli che si dedicano quasi interamente alla refrazione o alle lenti a contatto, quelli che fanno training, posturologia, altri che si professano optometristi ma... Nel salone era rappresentata tutta la varietà degli ottici d’Italia. Nei sogni si può.

Sul palco alcune persone che si danno da fare, forse stanno preparando il palco; poche altre che parlano tra di loro, stanno aspettando; sono dirigenti di qualche associazione o di sindacati, persone note alla moltitudine. Si stanno aspettando politici importanti. Anch’io sono sul palco, ma un po’ in disparte, quasi come semplice osservatore. Grande brusio nel salone, sta aumentando con il passare del tempo, confusione, qualche urlo di richiamo o di saluto della gente in attesa. Poi corre una voce... sembra che qualcuno stia arrivando, lentamente il silenzio si diffonde per il salone, le persone si volgono al palco, tacciono, guardano, ascoltano. Arriva il Ministro! Non so che ministro sia, e poi sono arrivati in due o tre, forse quello della Salute, comunque un ministro importante. Nel sogno so che è uno che può decidere, forse lo stesso Primo Ministro.

Viene presentato, applausi, inizia a parlare, silenzio nel salone. Il ministro dice che il governo ha deciso di riconoscere l’optometria: è una decisione definitiva. Sarà presto approvata una legge per definire la figura professionale dell’optometrista. Una figura sanitaria, come richiesto da più parti del settore dell’ottica e dell’optometria, che dovrà occuparsi della prima cura dei soggetti con problemi della vista. Urla di entusiasmo, applausi. Non riesco a capire bene tutto ciò che dice il ministro, ci sono persone che parlano a voce alta, scherzano, ridono di soddisfazione, moti di approvazione. Il ministro si ferma, gli organizzatori dell’incontro chiedono silenzio. Il ministro ricomincia.

La decisione è stata presa, dice, perché il sistema sanitario nazionale ha bisogno di questa figura per funzionare meglio e costare di meno: cita alcuni studi commissionati dal governo, siamo arrivati a oltre dieci mesi di attesa per farsi una visita oculistica di primo livello, nelle regioni più virtuose. La media nazionale è ormai vicina ai due anni ed è senza controllo, non sappiamo quanto potrà essere tra due, cinque, dieci anni. Le patologie della retina più comuni vengono viste in ritardo, il numero di pazienti con gravi problemi è aumentato enormemente ed è marcatamente superiore in percentuale a quello degli altri paesi europei. Il sistema sanitario dei paesi dove c’è l’optometria è più efficiente, cura meglio e costa di meno.

Il brusio in sala ricomincia, le persone si agitano, c’è un’aria di soddisfazione. Però, ora urla il ministro, è inteso che avrete piena responsabilità, del vostro operato come professionisti della salute pubblica. Sarete voi a fare tutti i controlli di primo accesso per i problemi della vista; avrete modo così di selezionare quei pazienti che devono essere inviati dall’oculista. Sarete gli attori del miglioramento del servizio sanitario per quanto riguarda la vista e la salute oculare, ma sarete anche voi a pagare in caso di eventuali errori o mancanze.

Qualcuno bene informato, sul palco, interviene e precisa: non dovrete lasciarvi sfuggire i fattori di rischio per le patologie, o le patologie già iniziate ma ancora poco riconoscibili; dovrete saper individuare i fattori di rischio per il glaucoma, saper leggere un fondo retinico, interpretare l’aspetto di una papilla, riconoscere i primi segni di una maculopatia o di una retinopatia, interpretare le risposte pupillari in caso di problemi neurologici… e continua con altri compiti da saper svolgere. Poi interviene un altro tecnico del ministero per dire che naturalmente dovremo superare un esame di abilitazione e poi studiare e fare corsi di aggiornamento ogni anno. La sala si fa più silenziosa.

“Ho bisogno di sapere chi di voi accetta questo incarico per cominciare a contarvi e organizzare tutta la procedura”. Non so chi parla, se il primo ministro o un altro funzionario del governo, il sogno si fa più sfumato; in sala ora un silenzio profondo, che definirei attonito. Il ministro chiede a chi vuole fare l’optometrista di alzare la mano, finalmente! L’atmosfera improvvisamente non è più allegra, perfino la luce, non so come, si attenua, come per nascondere meglio i presenti. Nessuna mano si alza, passano i secondi, i minuti, nulla. No anzi, una là, un’altra giù in fondo, ecco un’altra qui vicino. Le conto: una, due, tre, quattro... La sala sembra diventare sempre più in ombra, sfuggente; mi sveglio, sudato. E non ho neanche alzato la mano!