25/7/2016 - SOI: optometrista condannato dalla Cassazione per esercizio abusivo della professione medica


Intervento del direttore per ribadire che per i vizi di refrazione la Cassazione giudica lecita, anche penalmente, l’attività optometrica, contrariamente a quanto sostiene la nota SOI

Carissimi colleghi e amici,
come immagino molti di voi, ho letto la notizia pubblicata il 22 luglio scorso sul portale della Società Oftalmologica Italiana, titolata: “SEDICENTE OPTOMETRISTA CONDANNATO A DUE MESI DI RECLUSIONE PER ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE MEDICA”.

Scrivo queste note perché mi sento coinvolto in qualità di direttore di una scuola nella quale si insegnano l’Ottica e l’Optometria, ma anche l’importanza della prevenzione visiva, la necessità di collaborazione con i medici specialisti, in primo luogo l’oculista, la responsabilità del proprio operato e l’obbligo di garantire la sicurezza del paziente.

Mi preme anche ricordare che nei nostri corsi l’optometria viene insegnata dando ampio spazio all’analisi della letteratura scientifica e alla creazione di conoscenze e competenze evidence-based, guardando sì ai programmi di studio europei, ma senza dimenticare che la nostra formazione, a differenza di quella di altri paesi, poggia per tradizione su una forte cultura ottica della quale la nostra categoria è l’unica vera cultrice. Per essere ancora più esplicito: le vere competenze di Ottica Oftalmica e di Ottica Visuale sono tra noi, e in nessun altra categoria professionale dell’ambito ottico-oftalmico.

Per quanto riguarda la vicenda in oggetto, della quale non conosco i dettagli, vorrei solo portare all’attenzione dei lettori che in tutta la notizia non si parla dell’attività optometrica svolta dal condannato. Viene invece riportata una presunta terapia che consisteva nel “… modificare gli occhiali a base energetica, sostituire lo zucchero bianco con lo zucchero di canna, sostituire il sale con sale marino integrale, bere solo latte crudo o bio, non assumere cracker associati a succo di frutta e lasciare il dolce a riposo su legno caldo 3 ore prima di ingerirlo…”. Posso solo dire che in questo caso l’optometrista in questione non svolgeva, in quel momento, attività optometrica, ma altro. Infatti l’optometrista viene condannato perché: “compiendo valutazioni di carattere diagnostico e prescrivendo attività terapeutiche… esercitava la professione di medico oculista senza essere in possesso della speciale abilitazione richiesta per detta professione...

Vorrei sottolineare che l’accusato non è stato condannato perché ha prescritto la correzione di un astigmatismo, o una correzione prismatica, attività consentite all’optometrista (Cass. n. 27853/2001, Cass. n. 35101/2003). La stessa Corte di Cassazione in altre sentenze ha stabilito che l’optometria è “un'attività che non è regolata dalla legge, ed il cui esercizio - allo stato attuale della normativa - deve, proprio per questo, ritenersi libero, lecito anche penalmente, per la semplice ragione che non sussiste nessuna norma positiva che lo vieti, a condizione che non venga invaso l'ambito, strettamente curativo, riservato al medico oculista (Cass. n. 27853/2001).

È curiosa dunque la conclusione che trae l’estensore della comunicazione della SOI: “Questa sentenza ribadisce un concetto che la SOI ha da sempre affermato, tutto quanto attiene all’esame dell’apparato visivo utile per porre diagnosi dei vizi di rifrazione e delle patologie oculari e permettere di intraprendere una corretta terapia, è atto medico a tutti gli effetti e può, secondo legge, essere eseguito solo, ed esclusivamente, da un Medico Chirurgo Oculista”. La Cassazione infatti, per quanto riguarda i vizi di refrazione, afferma proprio il contrario. Per le patologie oculari non ci dovrebbe essere neppure bisogno di dirlo; chi pensa che si possa fare a meno dell’oculista, questo sì che bisogna dirlo, è un imbecille!

Infine, non mi voglio certo sottrarre all’obbligo di ribadire la necessità di collaborazione stretta con il medico oculista anche quando non siano presenti patologie evidenti. Specialmente, ma non solo, quando si tratta di bambini. Nel caso in questione è da deplorare il fatto che in tanti anni il bambino non sia stato inviato da un oculista per una visita. Io credo fermamente che l’optometrista possa svolgere un ruolo importante nella salvaguardia della salute della vista dei cittadini, in autonomia per quanto riguarda gli aspetti puramente refrattivi e funzionali della visione, come “ausiliare” dell’oculista per tutto ciò che concerne l’occhio e le sue patologie. Certo, se dobbiamo collaborare, le recenti prese di posizione della SOI, le generalizzazioni e le alzate di scudi contro tutti gli “altri”, è difficile che possano aiutare. Mi pare infatti di poter affermare, senza possibilità di smentita, che per collaborare bisogna essere almeno in due.

Buona optometria a tutti

Alessandro Fossetti
Direttore IRSOO


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